MILANO FUORI LUOGO

Ogni volta che vi verrà da pensare, come troppo spesso molti fanno, a quanto Milano sia diventata ormai solo business e schiscetta, date un occhio qui. Perché in mezzo ai grattacieli di Gae Aulenti e il delirio dello struscio in Galleria, negli spazi che il logorìo della vita moderna ha lasciato intatti, potreste trovare degli scampoli di paradiso che vi riporteranno a mille chilometri più lontano, oppure angoli, palazzi e strade che niente hanno a che fare con la città.

Via Lincoln

Via Abramo Lincoln, Milano, MI, Italia

Tutto pronto, tutto deciso. Valigie chiuse e progetti luminosi, famiglie desiderose di (ri)stabilirsi e mettere in moto il futuro. Si poteva sentire il profumo del nuovo secolo promanare dagli ambienti della nascente Belle Epoque, radio e cinema danzavano sul trampolino pronti a stravolgere la quotidianità del mondo. E ci riuscirono, come in fondo riuscirono quelle valigie e quei progetti a vedere la luce, seppur con la triste e ineluttabile interruzione forzata dalla Guerra Mondiale.

Via Lincoln è rimasta sospesa, e magari è stato meglio così: nacque come villaggio operaio, quartiere ideale per lavoratori e famiglie annesse. Fu una gara al colore più festoso, mentre le costruzioni andavano fiorendo, fino allo stop improvviso. Centovent’anni dopo le tinte restano brillanti, sembra un’isola del Mediterraneo, e gli inquilini… pure: da oasi di carbonai e ferrovieri è diventata nicchia anacronistica, stradina dai toni d’estate in una Babilonia di cemento e broker. Sembra una bolla di sapone multicolor: a farla scoppiare, insieme ai vostri sogni, sarà probabilmente il prezzo di un appartamento in zona. Ma altroché se ne varrebbe la pena.

Villa Invernizzi

Via Cappuccini, 7, Milano, MI, Italia

A Romeo piaceva la tenuta in campagna. Ariosa, pacata, ampia. Come lui e le sue vedute, con le quali agli albori del Novecento era diventato condottiero dell’azienda di famiglia, la ditta casearia Invernizzi che insieme al cugino Remo fece definitivamente decollare. Quella di Susanna Tutta Panna, sì: una finezza di classe e genio che precorreva di anni luce l’odierno marketing. Gli piacevano la campagna, gli odori e i suoni, gli stessi che a otto anni lo accompagnavano alle due del mattino in stalla, a mungere, prima di andare a scuola e addormentarsi sui banchi.

Milano però chiamava, il lavoro, gli incontri, la vita mondana ma discreta: fece demolire una delle due ville adiacenti di cui era proprietario, ricavandone un giardino che sembrava disegnato ad acquerelli. Un buon inizio, prima della pennellata iconica: due stormi di fenicotteri, uno rosa dall’Africa e l’altro dal Cile, importati per essere ospitati e resi elementi d’ornamento. Come nella tenuta in campagna, dove c’erano i daini e i cervi, e come piacevano a lui e alla moglie Enrica. Morì nel 2004, Romeo, vincolando il nome suo e della famiglia all’omonima Fondazione, che oggi gestisce la villa; e soprattutto i fenicotteri, sinuosi e rumorosi, giunti ormai alla quinta generazione, custodi del giardino e del ricordo di chi li volle lì. Non volano, perché le loro ali sono curate e limate appositamente. Ma anche se potessero non andrebbero mai via.

Nota: oggi importare fenicotteri è vietato da disposizioni comunitarie. Ve lo diciamo perché sappiamo che un pensiero ce l’avevate fatto.

Vicolo dei Lavandai

Vicolo Lavandai, Alzaia Naviglio Grande, Milano, MI, Italia

È rimasto lo scheletro di un mulino, in un legno vecchio che però non marcisce mai, al quale le residenti venivano a sciacquare panni e pensieri sul brellìn, la scatola quadrata in legno con tanto di manopola, in tempi che sembrano troppo assurdi e belli per essere veri. Sono meno di cinquanta metri, bucherellati da portoni che profumano di storie: ciascuno di questi si apre su un universo di pennellate e baffi all’insù, minuscole gallerie d’arte tenute e alimentate da chi il Naviglio lo viveva nel massimo del suo splendore bohemienne, squattrinato e libero. Vicolo dei Lavandai è una lama di Montmartre, o Shoreditch o semplicemente di altre epoche, infilata nella costola più incasinata della città, un mosaico di acquerelli e fiori che si difende con decadente orgoglio dalle orde di rider e panini a basso prezzo. Bussate a uno degli ingressi e camminateci dentro in silenzio: c’è la bellezza strepitosa e malinconica di anni che furono, e che per fortuna in qualche modo resistono ancora.

Palazzo Berri Meregalli

Via Cappuccini, 8, Milano, MI, Italia

Se da dietro una delle rientranze in pietra e marmo dovesse sbucarvi Gaudì, non stupitevi più di tanto. Sorprendetevi, invece, se doveste mai riuscire a oltrepassare il massiccio cancello in ferro battuto, solitamente chiuso al pubblico ma intagliato perché si ammiri l’interno, cocktail di architettura eclettica come forse difficilmente reperibile altrove: c’è il liberty di Mazzuccotelli, il romanico nei muri crudi, il gotico nelle protuberanze. Un polmone della Barcellona più mainstream è incastonato nel silenzioso centro di Milano. Uno scrigno spettrale e meraviglioso, che custodisce in fondo una strepitosa scultura di Widt: La Vittoria, la sensazione che proverete quando potrete ammirarla da vicino.

Fornace Curti

Via Walter Tobagi, 8, Milano, MI, Italia

Se credete nei miracoli del tempo, allora questo è il posto per voi. La prima attività della fornace della famiglia Curti risale addirittura al 1400, quando Bianca Maria Visconti Sforza attribuì a Giosuè Curti la commessa per le mattonelle con cui costruire, rinsaldare e decorare la Ca’ Granda. Si trattava all’epoca di una grande bottega alle porte del centro città (l’attuale via De Amicis), ma con il passare del tempo e delle disavventure, inclusi incendi, guerre e ogni sorta d’avvenimento, la sede della fornace e andata via via allontanandosi. Nulla è cambiato, però, della vocazione e dell’animo di questo incredibile angolo senza tempo.

Da inizio Novecento, la Fornace Curti ha sede in via Tobagi, sempre sulle sponde del Naviglio e sempre sotto il controllo della famiglia fondatrice. Oggi è possibile visitarla su appuntamento o approfittare dei soli due giorni l’anno in cui le porte sono aperte a tutti, gratuitamente; ed entrarci è un pazzesco viaggio nel tempo e nell’arte. Sue ben tre livelli sono infatti disposte decine di botteghe d’artigiani, che gravitano attorno alla manualità più pura, tra gioielleria, sartoria, profumeria e ovviamente la lavorazione della terracotta, che qui continua a rivivere ogni giorno nelle forme più meravigliose e tradizionali.

Ogni bottega conserva una propria identità fortissima e umanamente genuina, che trasuda le esperienze e le filosofie di chi, nonostante la giungla di cemento avanzi senza sosta e la digitalizzazione è ormai padrona del mondo, continua a dedicare la propria vita alla creatività manuale e all’estro un po’ bohemienne. E se anche non doveste trovare un pezzo unico da portare a casa (improbabile), state certi che qui potrete respirare un’aria da sogno che vi rimarrà impressa.

(foto dal sito della Fornace Curti)

Villette Tudor

Via Giambologna, Milano, MI, Italia

Va da sé, c’era di mezzo una donna e c’era di mezzo l’amore. Una bella inglese che sposò un italiano negli anni ’20, e proprio non ce la faceva a resistere alle memorie di casa: quegli intarsi in legno, quelle travi che sembrano disegnare ragnatele. Le geometrie britanniche un po’ fredde ma di certo estremamente eleganti. Si fece costruire due villette come le ricordava, di mura bianche e tetti a spiovere: e sono ancora là, uno spicchio di Westminster nel mezzo di una trafficatissima arteria di Milano. Qualcuno dice che in realtà furono opera di immigrati tedeschi. Ma alla fine che differenza fa?

Centro socio-ricreativo per anziani

Viale Monte Grappa, 8, Milano, MI, Italia

Oggi appartiene ai servizi sociali di Milano, e ospite attività dedicate alla terza età dei meno fortunati. Questo cubo di mattoni bianchi e rossi, progetto di Luigi Broggi, risale al 1883, quando fu inaugurato dal Comitato promotore per le Cucine Economiche e i Forni Sociali: era un refettorio, che a prezzi accessibili serviva fino a 160 ospiti alla volta, appartenenti alla classe proletaria che allora ribolliva di tensioni e sogni.

Sbuca dal nulla, con dei colori che hanno davvero poco da condividere con il contesto fatto di grattacieli e strade e caos. Ma quella scritta sbiadita che ricorda il passato, in facciata, fa comunque sorridere: per noi che dell’ospitalità facciamo un credo, è sempre bello pensare a chi si dedica al prossimo.

Castello Cova

Via Giosuè Carducci, 36, Milano, MI, Italia

Appena di fronte alla strepitosa Basilica di Sant’Ambrogio, nel bel mezzo del vociare universitario, spunta un edificio che sembra essere messo lì con i Lego. È Palazzo Cova, voluto dall’omonima famiglia nel 1910 e completato cinque anni dopo dall’architetto Adolfo Coppedé; uno che l’esuberanza e l’eclettismo ce li aveva nel midollo, essendo fratello di Gino, che diede il nome a un intera corrente di architettura e disegno, oltre che di un complesso di edifici a Roma (il cosiddetto quartiere Coppedé).

Con il suo profilo medioevale, fatto di mattoni in cotto, motivi e geometrici e soprattutto grazie alla torre che spicca nitida, il palazzo si è poi nel tempo guadagnato il nome di Castello Cova, per ovvi motivi. Oggi è sede di svariati dipartimenti dell’Università Cattolica, e chiedendo il permesso di possono osservare anche i pregiati interni. Dovesse, dalla torre, affacciarsi una principessa con tanto di treccia distesa, non sembrerebbe nemmeno poi così strano.

Casa del Rabbino

Via Carlo Poerio, 35, Milano, MI, Italia

Anche conosciuta come casa 770, che prende il nome dall’indirizzo della sua gemella maggiore. Esistono infatti altre undici copie di questo edificio sparse per il globo: dall’Argentina al Canada all’Australia, passando appunto per Milano, dove si trova il primo clone mai realizzato e l’unico presente in Europa. A New York si trova l’originale, l’abitazione di Yoseph Yitzchok Schneerson: uno dei più influenti rabbini della storia dell’ebraismo moderno, tanto da vedere la propria dimora trasformata in una sorta di luogo di pellegrinaggio e culto. Da fuori sembra Amsterdam, all’interno racchiude segreti di religione e filosofia, mentre intorno nessuno sembra sapere che esiste. A voi scegliere da che lato guardarla.

Igloo della Maggiolina

Via Lepanto, Milano, MI, Italia

Alla classe operaia ci stavano iniziando a pensare, ma dei nuovi medio borghesi a nessuno sembrava fregare più di tanto. L’agglomerato urbano si rimodellava, plasmato dalle ferite del primo conflitto mondiale e dalle mire sul futuro nel ventesimo secolo: Mario Cerati, direttore de Il Secolo, svegliò le coscienze governanti con un editoriale che portò a investire nell’ormai famoso Villaggio dei Giornalisti, accanto a La Maggiolina, un’area destinata per l’appunto a chiunque facesse dell’informazione e delle pubblicazioni il proprio mestiere.

Divenne una sorta di città giardino, nei confini della quale vennero costruite dodici case a forma di igloo, ciascuna di una cinquantina di metri quadri disposti su due piani: che a vederle là, in mezzo ai palazzoni, sembrano fatte con i Lego. Oggi ne restano otto, riadattate come i nuovi inquilini hanno meglio creduto: una con un bagno in più, un’altra senza pareti per uno spazio modernista. Nemmeno vi suggeriamo di farci caso, se ci passate, perché tanto una volta là sarà impossibile non provare a sbirciarvi dentro.

 

La Walk of Fame di Milano

Largo Corsia dei Servi, 21, Milano, MI, Italia

Ai più giovani potrà sembrare assurdo, ma fino a un paio di decenni fa, la televisione italiana era una delle vette più ambite e rinomate dell’intrattenimento nazionale, se non mondiale. Foriera di un’autentica rivoluzione dei costumi a partire dagli anni Settanta, la TV è stata compagna di vita per generazioni, e i Telegatti ne sono stati degni simboli. 

Il Gran Premio Internazionale dello Spettacolo, la kermesse con cui i personaggi e le trasmissioni più amate dai telespettatori venivano omaggiati con un gattone placcato d’oro; fu l’appuntamento più atteso della stagione per circa trent’anni, inventato e lanciato dal settimanale Sorrisi e CanzoniE proprio a ridosso della sede della rivista, alle spalle del Duomo, si trova la walk of fame di Milano, la strada lastricata di impronte delle very important people, copia minuscola di quella ben più celebre, a Los Angeles.

È nascosta, piccola e oggettivamente trascurata, mai più aggiornata dopo il 2008, ultimo anno d’edizione dei Telegatti, che erano di fatto l’occasione per le stelle estere per arrivare in città e imprimere il calco sulla loro mattonella. Ci sono passati tutti, dai divi d’oltreoceano come Arnold Schwarzenegger, Sharon Stone, Sylvester Stallone, agli artisti italiani che hanno rappresentato un’epoca, come Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Potete arrivarci comodamente anche voi, magari sospirando per la trascuratezza, ma pur sempre sognando l’America.

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culturale, easy, vintageBar Basso, Via Plinio, Milan, Metropolitan City of Milan, Italy
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MILANO IN GIARDINO

Sarà di certo più ridotta nelle dimensioni, rispetto alle altre metropoli europee cui viene spesso paragonata, eppure Milano non manca davvero di nulla. Per ogni momento della giornata, sia essa stressante o serena, piena o pigra, attesa o maledetta, ci sarà un luogo della città adatto a essere visitato.

Alcuni di questi vanno bene sempre. Tra palazzi storici e angoli di bellezza nascosta, si scorgono infatti dei giardini che sembrano bolle di tranquillità dove potersi rifugiare se tutt’intorno è troppo veloce, ritagliare uno spazio se invece si ricerca solo silenzio. E molti di questi scorci di quiete portano con sé storie inaspettate.

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MILANO AL MUSEO

Per gioco, per amore o per interesse personale, ciascuno di noi ha probabilmente provato, almeno una volta nella vita, a coltivare una collezione. La sensazione di portare avanti e custodire una raccolta, che sia monotematica o varia, alimentandola per consegnarla forse ai posteri. E magari sarà durata molto meno di quanto ci saremmo aspettati o avremmo desiderato.

Milano racchiude invece una serie di musei, fondazioni, collezioni private di totale unicità: dalle raccolte di famiglie nobili, agli studi di designer e architetti che hanno tramandato le loro idee e i loro progetti, fino alle pietre miliari della cultura della città o a veri e propri luoghi di riflessione e contemplazione, artistica o introspettiva. Che si tratti di quadri, oggetti o anche solo memorabilia, l’intera città è disseminata di occasioni per conoscere più a fondo animi preziosi. Basta solo trovare la porta giusta.

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MILANO TRA I CORTILI

Passeggiare per le strade di Milano può rivelarsi una straordinaria caccia al tesoro. Fondata dai Romani, del cui Impero d’Occidente fu capitale, divenne poi centro culturale ed economico di un certo rilievo nel periodo Rinascimentale. Con il passare dei secoli, le nuove costruzioni si sono sovrapposte alle antiche, come spesso succede nelle città ricche di storia, senza però per fortuna cancellarle del tutto. 

Gli ariosi vialoni, o le strette stradine: ogni arteria di Milano potrebbe riservarvi sorprese di incredibile bellezza, se solo saprete dove andare a cercare. I portoni più anonimi potrebbero essere scrigni di ricchezza impensabili, e chiedere il permesso a un custode potrebbe essere un lasciapassare per un viaggio nel passato. A ridosso di chiese e monasteri, all’interno di abitazioni nobiliari, o semplicemente al centro di condomini privati: i cortili e i chiostri di Milano raccontano di vite trascorse, che ancora oggi fanno sognare. 

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MILANO E I SUOI PALAZZI

Lo sfarzo di sale affrescate, l’emozione di cortili e portici ad archi, le storie intrise di leggenda che hanno visto famiglie potenti intrecciarsi con sovrani e popolani. Milano fu centro di estrema importanza nel commercio e nella società fin dal MedioEvo, e regnanti e ricchi non persero tempo a costruirsi palazzi che ne dimostrassero l’importanza.

Scoprite allora un itinerario che vi porterà in giro per gli edifici storici, che in passato furono abitati da stirpi di valorosi, spesso poi caduti in rovina; altri ancora sono ancora di proprietà degli eredi, che con più cognomi e più interessi oggi dedicano i propri spazi privati alla valorizzazione della bellezza e del lavoro degli artisti moderni.

Perdetevi nelle immense sale da ballo, arrampicatevi sugli scaloni d’onore, percorrete i corridoi tappezzati per rivivere le atmosfere di tempi che furono, quando la brama di potere e il desiderio di cultura si fondevano in una sola, affascinante e pericolosa energia. E magari potrete chiedervi come sarebbe stato, se a vivere in quei giorni foste stati voi.

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MILANO DEI MIRACOLI

Lacrime, apparizioni, guarigioni: l’appiglio per chi crede e non ha null’altro, il dubbio per chi vuole capire di più, quando da capire c’è forse nulla. Miracoli a Milano si sono visti sin dai tempi della sua fondazione, e nel corso dei secoli le storie si sono moltiplicate.

I protagonisti sono stati dei più disparati: operai zoppi, poveri buoi, parroci con il mal di gola. A volte è un atto di speranza, altre la speranza di un atto. E anche per chi proprio non concepisce la possibilità di avvenimenti superiori, magari è una buona idea far visita in questi luoghi. Non si sa mai che si possa cambiare opinione.

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MILANO E LEONARDO

L’Uomo Universale, il genio che dipinse, scolpì, costruì, progettò, sconvolse e vide oltre. Leonardo da Vinci a Milano sostò eccome (1482-1499), in una finestra di vita che gli bastò per realizzare giusto una manciata di opere destinate a segnare la cultura dell’umanità. Ci era arrivato in realtà come messo, inviato da Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, per omaggiare Ludovico il Moro con il suono di una lira progettata da Leonardo stesso (perché sì, era anche un più che discreto musicista). Rimase in quella che allora era una delle più popolose città d’Europa per dodici anni: l’assurdo capolavoro del Cenacolo rimane senza dubbio la traccia più celebre del suo passaggio qui, ma da Vinci ha disseminato per Milano svariati tasselli che contribuiscono a comporre il rompicapo della sua vita.